Nell’arte di Virgilio Patarini si possono distinguere periodi, cicli e fasi che si susseguono come le pagine di un libro. Non a caso utilizzo la metafora del libro. Il libro infatti è uno degli elementi centrali nelle opere di quest’artista. Il Libro come Letteratura, il Libro come Storia, il Libro come Oggetto e Fetish, come una sorta di “alter-ego” dell’artista.
Il Libro come Letteratura si rivela in una serie di lavori nei quali Virgilio Patarini usa la trama delle opere letterarie di autori come, ad esempio, Shakespeare o Dostoevskij, cita dei brani o incolla pagine sulla tela. Lavori come l’installazione “Sweet Ophelia’s lips, sweet Ophelia sleeps” (2009) o il ciclo dei quadri “Appunti dal sottosuolo” (2003) possono servire da esempio per quest’argomento.
Nel primo caso citato l’artista interpreta la storia della protagonista shakespeariana, cercando di penetrare nella sostanza di questo personaggio sulle tracce di nuovi sensi. L’uso degli oggetti, la tecnica, la struttura, la risoluzione della composizione di questa opera approntano delle metafore che stimolano nello spettatore il desiderio di decifrare il mistero di Ophelia. Ogni dettaglio non è casuale. Vorrei sottolineare anche il gioco di parole nel titolo, procedimento a cui Virgilio Patarini si rivolge spesso.
Il ciclo di quadri “Appunti dal sottosuolo” è interamente dedicato al lavoro omonimo di Dostoevskij. Chi ha consuetudine con questo scrittore, con facilità riconoscerà nelle opere di Patarini l’oscurità, l’inquietudine, la profondità, la magia e la segretezza che distingue il genio di Dostoevskij. Nei toni tenebrosi di questo ciclo, nelle pagine del racconto incollate sulla tela in tale modo che si creai la sensazione della loro lenta sparizione, della loro dissoluzione nel sottosuolo. È come se si sentisse l’odore dell’umidità, il freddo del terreno e ci si unisse al protagonista del racconto.
Il Libro come Storia è un aspetto rilevante che include i concetti principali che passano come un filo rosso attraverso tutta l’arte di Virgilio Patarini: il concetto della presenza e della assenza, del passato e del presente, della sparizione e della distruzione sia nel tempo che nello spazio. L’artista spesso usa proprio i libri vecchi, nei quali vive la Storia, nei quali si può incontrare il Tempo. (…)
Nel caso del Libro come Oggetto e Fetish occorre affrontare la questione del ready-made nell’arte di Virgilio Patarini: veri libri presentati interamente e intatti come parte dell’opera, le pagine strappate ecc. Gli oggetti estratti dalla quotidianità e messi nell’opera d’arte acquisiscono un nuovo stato, diventono art-objects. In questa trasformazione del contesto c’è una specie di sacralizzazione, di feticizzazione del libro. La cosiddetta mitizzazione è specialmente evidente nel quadro “Il fiore e la parola” (2010) dove un vecchio libro enorme legato alla tela con una corda pende dall’alto a guisa di Cristo sul crocefisso. In quest’opera c’è il culto del libro, e quando qualcuno la osserva è come se la divinizzasse. Ma è significativo che nello stesso tempo Virgilio Patarini in alcuni lavori, al contrario, desacralizzi il libro: egli strappa le pagine, lo distrugge, lo ricopre con i colori, come se disprezzasse il suo valore, intendendolo solo come oggetto materiale, che in questo caso diventa il materiale per la creazione, pur preservando l’importanza al testo contenuto.
Oggi gli artisti dipingono anche con il suono, con l’odore, con il loro corpo e infine con il testo. Loro inseriscono lettere nelle tele, mettono frasi nelle sculture, collegano le parole con le immagini per erigere nuovi ponti tra loro e gli spettatori. Esistono limiti in arte?
Questa mostra personale di Virgilio Patarini è una mostra d’arte, ma di un’arte in cui trovano posto le lettere, le parole e le frasi. È una sorta della dimostrazione del fatto che il testo e l’arte figurativa non sono poli diversi, ma sono due elementi ausiliari che aprono nuove strade per la raffigurazione delle idee.
Cristina Stashkevich