VIAGGIO TRA LA MEMORIA E L’OBLIO
Full immersion nell’arte multiforme, stratificata polisemantica di Virgilio Patarini
di Raimondo Galante
A Palazzo della Racchetta in occasione della riapertura del Racket Festival è esposta la mostra personale di Virgilio
Patarini Direttore Artistico del festival ma anche e soprattutto pittore ed artista eclettico maestro del detournement o straniamento ovvero la tecnica utilizzata dalle avanguardie artistiche
moderne in primis da Debord e dai situazionisti per ricombinare e ricontestualizzare in modo creativo diversi contenuti culturali in modo da trasmettere messaggi forti ed
innovativi.
A questo primo elemento si deve poi aggiungere quella che Walter Benjamin chiamava facoltà mimetica ovvero la capacità di
dare nuova linfa vitale alle cose "morte" del passato, anche quello più remoto della grecità, quella che l’autore stesso, come avrebbe fatto M. Proust, definisce come memoria. Il terzo elemento
fondamentale è l'interartisticità ovvero la capacità di far dialogare insieme in modo efficace e avvincente varie forme d'arte differenti come la pittura figurativa ed informale, il teatro e la
letteratura in modo da coinvolgere lo spettatore in un processo virtuoso di crescita della conoscenza e della consapevolezza, ciò che l’autore definisce come contaminazione.
Soffermandoci su quest’ultimo punto si può comprendere come tutta la mostra possa essere vista come un viaggio, che non è
solo quello nella personalità multiforme e poliedrica dell’autore e nella sua storia personale, ma anche e soprattutto nella sua ricerca artistica, che è essenzialmente sperimentazione sia nelle
forme che si manifestano tramite l’utilizzo e la manipolazione di materiali differenti come cemento, legno, carta … Sia nei contenuti.
Focalizzando la nostra attenzione su questi ultimi, si evince che tale ricerca non necessariamente segue e rispetta
limiti cronologici, ma al contrario si sviluppa per temi e dimostra di avere una struttura polisemantica ed ipertestuale.
Da quest’analisi emerge un altro aspetto importantissimo quello della stratificazione ovvero quello che l’autore
definisce come oblio: la dimensione oscura che divora il tempo e le idee che lungi dalla forma perfetta dell’Eidos platonico sono solo scintille, saette, scariche elettriche, lampi estemporanei
che durano troppo poco per poter essere anche solo fissati nell’opera d’arte. Pertanto o vengono cancellati o rimangono lasciando un segno spesso impercettibile o molto difficile da individuare.
Molte opere di Virgilio Patarini, infatti, sono la risultanza della materializzazione di creazioni psichiche e stati d’animo molteplici ed a volte istantanei che si stratificano uno sopra l’altro
dando forma e sostanza all’opera d’arte che non è mai perfettamente definita e compiuta, facendo confluire il passato in un eterno presente.
Dunque, nell’opera del Patarini memoria ed oblio convivono nello stesso piano dimensionale come le varie esperienze
artistiche dell’autore, che s’influenzano e si contaminano l’una con l’altra spesso coesistendo in una medesima opera, che si sviluppa nello spazio come una struttura cristallina, che imbriglia
dentro di sé pensieri, emozioni e stati d’animo senza confini temporali ben definiti.