L’insostenibile leggerezza dell’essere e del non essere», ovvero il luogo cui l’arte del «chiasmo» diventa vertigine.
Intro
Verso la fine dell’alfabeto greco emerge, come un frutto tardivo, l’inquieta eleganza della lettera c (chi). Simbolo algebrico, nome di Cristo, origine di figure retoriche e ritmo scultoreo che scioglie la rigidezza, la c, più che una lettera, è lo schiudersi di un mondo in movimento in cui «sopra e sotto» si confondono, «dentro e fuori» si contaminano e i punti di vista oscillano vertiginosamente.
Il chiasmo in Virgilio Patarini
«L’insostenibile leggerezza dell’essere e del non essere» trattiene, nel suo gioco di rimandi letterari più o meno espliciti, un incrocio di mondi che si muovono in direzioni opposte, inconsuete e inattese: verticale e orizzontale, leggerezza e pesantezza, memoria e oblio, impalpabile presenza e insostenibile assenza. E non è detto che la leggerezza (la memoria, l’ascesa verticale e la presenza) si trovi laddove il nostro occhio è più abituato a vederla. Anzi: tutta la poetica concretezza di quest’opera di Patarini si incarna in quell’unico punto di contatto che genera il chiasmo, quando direttrici violentemente proiettate altrove, quasi per un fato ostinato, si toccano incrociandosi.
Le scarpe
Le scarpe dell’installazione di Patarini sono un fulcro catalizzatore di attenzione e, al contempo, un elemento fortemente drammatico. Nelle scarpe si scorge quel Mondo che Heidegger avrebbe così descritto: «Per le scarpe passa il silenzioso richiamo della terra, il suo tacito dono di messe mature e il suo oscuro rifiuto nell'abbandono invernale. Dalle scarpe promana il silenzioso timore per la sicurezza del pane, la tacita gioia della sopravvivenza al bisogno, il tremore dell'annuncio della nascita, l'angoscia della prossimità alla morte». Le scarpe, insomma, sono le custodi di quella Verità che è s-velatezza (ὰλήθεια) e ri-velazione, nuovo significato dato alle cose.
Gli abiti e la memoria
La memoria è istanza fortemente etica. Gli abiti vuoti di corpo, abbandonati nella loro disfatta desolazione su una piattaforma grigia, sono i testimoni incolpevoli di un’epoca storica di devastante brutalità che arrivò a incenerire individui, lasciandone sulla terra solo le vuote vestigia; e al tempo stesso sono inusuali monumenti alla memoria, tessuti leggeri che la necessità morale di ricordare e tramandare cementa nella terra. La Terra, fecondata da questa necessità morale, genera l’idea che s’innalza verso il cielo, un’idea salvifica e rivoluzionaria in cui ciò che pesa vola (i blocchi di cemento), e ciò che dovrebbe ancorare l’uomo a terra lo vibra invece verso l’alto.
Quest’idea è la speranza.
E infine
«L’insostenibile leggerezza dell’essere e del non essere» di Virgilio Patarini ripropone, con linguaggio artistico, quello che Merleau-Ponty espresse in concetti ovvero: l’enigma del corpo, l’enigma della visione. Ogni rigida distinzione tra soggetto e oggetto, interiore ed esteriore, vedente e visibile viene scardinata, e ogni elemento si fonde e si confonde col suo doppio e col suo opposto. Il fruitore dell’opera d’arte diviene così attore di una rappresentazione dai molteplici significati, decodificatore di un’emblematicità che racconta la trama dell’Essere nelle sue più sfumate accezioni. In ultima analisi, l’opera di Patarini è un frammento di quello specchio deformante e rivelatore che trasforma le cose in spettacoli e gli spettacoli in cose.