FIORI DEL SILENZIO
Qui di seguito una piccola selezione di poesie dalla raccolta “I fiori del silenzio” pubblicata nel gennaio 2003 nella collana “Le parole dell’Eros”, “Il libri delle Muse” Editore.
Tale pubblicazione riuniva una cinquantina di testi e frammenti scritti nell’arco di oltre quindici anni, dalla fine degli anni Ottanta al gennaio 2003, in tempi e situazioni differenti.
La tua voce
è un’eclissi di luna
nella cavità di un atrio di cristallo
è una liquida trasparenza
un riverbero
una lontana risonanza
un cerchio e una spirale
la lenta cadenza di una danza inaudita
una scordata sinfonia
La tua voce
è uno stillicidio di stelle
nel ventre oscuro della luna
un girotondo di ore in fuga
un flusso e un riflusso
una silenziosa marea
nel gesto misurato di un duplice cuore
di vetro rovesciato
Il tuo corpo assente
Vestito di sogno o di niente
Di luce di ombra di vento
Fuggitivo riflesso
Nella cavità di uno specchio
Della mia opaca memoria
In forma di rosa o di brezza
Respiro ansimante costante
Che torna riecheggia ubriaca
Nel mormorio chiaro di una bassa marea
Relitto riemerso d’incanto
Dalle acque assordanti del Lete
Scheggia fuori del tempo
Vaga sembianza di petali sparsi
Marezzo di luce turchese
Che danza sul fiore dell’acqua
Sensualità dilagante sulla punta delle dita
Dolcezza languida e inquieta
Lenta mareggiata della vita
Diafana ombra che mi conduce
Con un filo di voce
In un gioco di archi infinito
Fino alla grotta del silenzio
Melodia trasognata passeggera
Che sfiora appena leggera i nostri cuori
Antichi scordati strumenti
Nessun rumore nella notte che avanza
Solo il lento franare del mondo
Girotondo di stelle intorno alla luna
Che danza l’essenza di tutte le cose
In forma di rosa dei venti
La nostra memoria appassisce
Fiorisce il silenzio come un fiore di loto
Parole che galleggiano nel vuoto
Come relitti sparsi di una flottiglia
Di vanità naufragate.
Nessun rumore nella notte che avanza
Solo il lento sciabordare della prua
Della mia barca che scivola e asseconda
Il lento tuo ansimare
In forma di onda del mare
Infinita carezza della mia chiglia
Sui tuoi marezzi d’argento
Desiderio che affonda e riemerge
Nel mare aperto della tua riscoperta sensualità
Fatta di niente, di acqua e di vento.
DISCHIUSI SILENZI
C’è un giardino
in uno degli angoli più segreti del mio cuore,
chiuso da alte mura di cinta,
inaccessibile agli sguardi indiscreti…
Dentro vi danzano le tue mani
che accarezzano il mio corpo
e la tua voce che mi dice mille volte
-dolcezza…
e la mia voce che ripete incredula
-ti amo…
e l’eco di una tua risata che rifluisce
Come una cascata di note di cristallo,
una sorgente d0acqua viva,
e la mia bocca affamata
che si nutre dei baci della tua bocca,
e la mia sinistra sotto la tua testa,
e la mia destra che ti tocca,
ti prende, ti accarezza,
e i tuoi silenzi, pieni di parole…
e il mio dolore che si annida in una fenditura
come edera lungo le alte mura di cinta,
e che un solo tuo sorriso saprà estirpare,
quando alla fine del tuo pellegrinare,
dopo aver attraversato il deserto
di un altro perduto amore,
tornerai a posare la mano sulla porta
del giardino del nostro amore,
e, con stupore, la troverai aperta…
C’è un giardino in un angolo segreto
Del mio cuore, un giardino incantato
Con un porticato.
Sotto il porticato
C’è un me stesso che dipinge, da sempre,
ce n’è un altro che scrive, da sempre,
e ce n’è un terzo che, da sempre,
dice parole al vento.
E tutti e tre, da sempre,
parlano, scrivono, e dipingono te,
solo te: la tua figura, il tuo volto,
le tue dita sottili, i tuoi lunghi capelli neri,
i tuoi occhi di cielo e di mare,
la tua voce leggera e musicale
come l’acqua di un torrente
che scorre in una notte senza vento,
nelle pianure della Memoria…
Per questo incontrarti è stato riconoscerti.
Per questo amarti è così facile.
E quando taci, e mi ascolti,
scorre nelle mie parole
il fremito della tua vita,
la luce tenue e iridescente della tua storia,
come un barlume di stelle
nelle onde di un torrente…
Ecco, adesso sono qui, eseguo la mia danza,
come un acrobata sul filo:
cammino sull’abisso della tua mancanza.
Non guardo in basso,
ma di tanto in tanto getto una voce.
La voce cade e non ritorna.
E’ un pozzo senza fondo l’abisso su cui danzo.
La corda che mi sostiene
È un filo di voce, la tua voce,
tesa all’altro capo dell’abisso.
Non mi rimane altro:
l’abisso, la corda, la mia folle danza,
e brandelli di memoria,
che poi sono fili di un’altra corda più forte,
che si intrecciano al filo della tua voce.
E’ questa la corda che mi sostiene:
l’eco delle tue risate, l’impronta lieve
delle tue mani sul mio corpo,
il riverbero marino del tuo sguardo,
il tuo seno sul mio petto,
i tuoi capelli che scorrono come le acque,
di un fiume nero nel candore del mio letto…
un sogno che al risveglio non si scorda:
è questa la corda che mi sorregge…
un sogno che mi aspetta dall’altra parte,
se il filo della tua voce non si spezza…
OMAGGIO A CHRISTINE PRUNER
Veglio lungo questa interminabile notte,
attendo, anche se l’alba, lo so, non verrà.
Tremo. Mi tremano le mani.
Trema tutto il mio corpo.
Nella mia voce tremano note
Che non ho mai udito:
la stagione dell’amore è finita,
ma io continuo a sentirne la musica,
la musica nell’eco della mia voce,
come un accordo lento,
una corda tesa, il sordo lamento
di un violoncello.
Seduto sulla riva d’Acheronte
Guardo il fuoco che divampa
E divora la dimora del nostro amore,
e non dico una parola.
Da molto tempo ormai
La voce che grida è perduta nel vento.
Sono rimasto solo, solo,
con il mio muto smarrimento,
seduto sulla soglia, come un cane da guardia.
Mi sento così stanco e vecchio.
Qualcun altro… una donna, credo,
in un altro parallelo universo,
in un tempo diverso,
un giorno ha ridetto queste mie stesse parole,
come nel gioco perverso di uno specchio.
STANZE VUOTE
Quasi sera. Misuro le stanze vuote.
Poca luce bluastra alle finestre,
e fuori il rumore dei passi
e l’ombra sfocata di Zoroastro.
Gusci di una storia ottusa e distaccata.
Qui, dietro le tende, nelle stanze vuote.
Oppure lì, dietro le tende,
sul ciglio di niente.
Una voce che mente svogliatamente.
Una mente che vaga. Distratta mente.
Ma ecco, adesso gorgoglia la moca,
e mi salva. Più fioca si è fatta la luce
alle finestre. Mi muovo, spengo la fiamma.
Accendo la luce. Qui, dietro le tende.
E scaccio così, con un gesto riflesso,
il languore dolciastro dell’ora che muore
e volge al disio. E imbambinisce
a noi mendicanti il cuore.
Per fortuna tu sei altrove.
E questi segni sono le prove.
DERIVA DI UN MEZZO MARINAIO
Passata la tempesta
Cessato il rancore del vento
Vado alla deriva
Come un corpo morto
Sul mare lento della mia
Ondivaga esistenza
Vaga e lontana memoria
Di un tempo
Di quando ero a bordo
Della barca della Storia
Ed avevo un ruolo un senso
Dinnanzi all’immenso
Abisso salato
Adesso galleggio
Portato dall’onda
E sono soltanto
Un pezzo di legno
Un’inutile scoria
Tra le tue braccia.
APPUNTI PER UN ADDIO
Cos’è questo vuoto
Che si apre nel mio petto
Desiderio
Mancanza
Un tempo l’avrei detto
Amore
Oggi so che è la morte
Che si è aperta un varco
Nelle mie difese
L’inverno
Della tua lontananza
La tua ombra che danza
Nel chiuso di una stanza
Piegare l’angoscia
Al verso
Come se fosse facile
Piegare l’angoscia
Al tempo
Come se fosse canna
Piegare l’angoscia
Al vento
Scendere dal filo
Che corre tra i tetti
Camminare
Con i piedi per terra
Come un uomo comune
Mortale
Respirare
Con un ritmo
Regolare
Poi passarmi
Una mano sul volto
E scoprirmenlo
Vuoto
Parlare di me
Come naufragio
Deriva
Mulinello di acqua
O di vento
Trovare parole
Nel silenzio
Ascoltare
Tutte cose che il tempo
Potrebbe insegnare
Ber il calice amaro
Di queste parole
Ubriacarmi
Dimenticare
Il tuo corpo vivo
Presente
Tra le pieghe del lino
Invisibile
Presente
Tra le pieghe del lino
In forma di rosa
O di vento
Nelle pieghe del tempo
Invisibile
Presente
Nessuno ci ridarà
Il tempo perduto
Nessuno ci ridarà
La dolcezza perduta
Né il calore
Né la tenerezza
Avrei dovuto lasciarmi andare
Tanto tempo fa
Tra le tue braccia
Sul tuo petto
Riposare
La testa pesante
Non avrei dovuto lasciarti andare
Sostituire
A questo piccolo vuoto
Che tu mi hai lasciato
Come regalo di addio
-Minuscolo spillo
In una scatola vuota-
Un altro vuoto
Sostituire
a questo piccolo vuoto
un altro vuoto più grande
lasciato
nella scatola vuota
del mondo
Giorni strani
Sono giorni strani questi,
giorni come sospesi,
impigliati tra i rami,
giorni persi e ripresi,
giorni senza domani,
giorni oscuri e tersi,
sono giorni diversi:
fuggono dalle mani.
NUVOLE PASSEGGERE
Ho aperto le mie finestre e le mie braccia
alla stagione della pioggia.
Tu eri profumo che ubriaca,
e musica dolce, e sole che riscalda
nell’estate della mia vita.
Adesso sei questo scrosciare
incessante di pioggia,
stillicidio di sogni
sui fiori del mio giardino.
Domani sarai altro:
sarai nuvola e vento
e parole d’amore nel mio silenzio.
Sono un uomo che conosce
il ritmo delle cose,
l’eterno ritorno delle stagioni:
per questo mi siedo e aspetto,
aspetto che tu ritorni,
che tornino i giorni d’estate,
e le tue mani su di me,
e i tuoi occhi nei miei occhi,
e i tuoi silenzi, e le tue risate
che risuonano sul mio petto…
Ecco, adesso mi siedo
e aspetto.
Le tue parole
balenate nella mia estate
come ali di farfalle:
lampi di luce e colore
nella mia estate.
Le tue parole d’amore
come ali di farfalle
nell’estate
che mi lascio alle spalle.
Credevo di essere sasso
che resta nella tua vita,
meteorite piovuto dal cielo
in una notte di tempesta.
Qualcosa di diverso,
una piccola scoria dell’universo.
Ero nuvola passeggera, invece.
E il vento mi ha già disperso.
Non ero storia.
Ero favola passeggera,
un sogno balenato
sulle soglie della sera.
Qualcosa che c’era un tempo,
ma ora se ne è persa la memoria.
DI ACQUA E DI VENTO
L’autoritratto che hai dipinto
in forma di Madre della Tenerezza
è conservato come una reliquia
in una nicchia,
nella chiesetta del mio cuore.
Ogni sera si distacca
dal suo piccolo mondo antico
e viene in volo alla mia dimora,
e si china su di me
che dormo solo
e mi accarezza.
La barca dei miei sogni allora
si distacca dal molo
e scivola dolcemente, senza rumore,
sul mare mosso
dei miei quotidiani affanni
come un ferro da stiro sui panni.
Il giorno in cui la tua anima
è sciamata in forma d’uccello
nella piccola chiesa romanica
della mia anima,
tu te ne stavi seduta là fuori,
sulla mia macchina,
ignara del prodigio di quel volo.
Io solo subito seppi:
i miei occhi impigliati nelle piume,
i miei passi di corsa
sui sassi del selciato,
prima avanti, a chiudere il portone
dietro il frullo delle tue ali
contro il vetro del rosone,
poi indietro, a chiamarti, destarti
dal torpore del meriggio metropolitano,
e a gridarti, pieno di stupore:
- La tua anima
è volata nel mio cuore!
Ecco, io sono colui che
irrompe nella tua vita
come un soffio di vento:
passione e imbarazzo,
attrazione e turbamento...
E tu povera piccola ballerina
che danzi sul filo, e vacilli...
o che cammini come una acrobata,
su di una palla in riva al mare,
come ti immaginò l’amico Pablo
cent’anni prima di conoscerti,
e come tu stessa ti sei
disegnata, senza saperlo,
cent’anni prima di conoscerti...
Lo so mia piccola, sottile ballerina,
lo so che ripensi al ragazzo
che un tempo fu per te
passione e imbarazzo,
attrazione e turbamento:
allora ti guardava, seduto
sul suo cubo di pietra,
pensoso e corpulento.
E adesso è svanito dal quadro.
Adesso è soltanto
un soffio di vento.