Principali mostre personali 2013/ 2018

Alla Galleria ItinerArte, Venezia, Rio Terà della Carità -Dorsoduro 1046 (accanto alle Gallerie dell'Accademia)

14 aprile - 1 maggio 2018, "Parafrasi veneziane"

Alla Galleria Cantiere Barche 14, Vicenza, Stradella Barche 14

14 gennaio-28 febbraio 2018, "Giorni di freddo", a cura di Paola Caramel

Alla Galleria ItinerArte, Venezia, Rio Terà della Carità -Dorsoduro 1046 (accanto alle Gallerie dell'Accademia)

5-14 settembre 2017, "Skylines et Silhouettes", nell'ambito della rassegna "AUT-OUT OF-F BIENNALE"

A Castel dell'Ovo, Napoli, nell'ambito del Progetto DRAMATIS PERSONAE.

Dal 16 gennaio al 14 febbraio 2016.

Virgilio Patarini - DRAMATIS PERSONAE 2016. Org.  Zamenhof Art, in collaborazione col Comune di Napoli - Assessorato alla Cultura, e col patrocinio dell'Unesco di Napoli.

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A Palazzo della Racchetta, Ferrara, via Vaspergolo 4,6,6a, Ferrara Art Festival -Extra Time

Dal 21 AL 30 agosto  2015:

Virgilio Patarini - EX-PO(st) 2015

personale antologica

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Presso il Complesso Museale Ricci Oddi. Piacenza, via S.Siro, 13

Dal 16 AL 22 maggio  2015:

Virgilio Patarini - EX-PO(st) 2015

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Alla Galleria Spazio Libero 8, Milano, Alzaia Naviglio Pavese, 8

Dal 18 AL 24 APRILE 2015:

Virgilio Patarini - Giovanni Drogo, NAVIGLI CORSARI E ALTRE STORIE

Alla Galleria del Rivellino, Ferrara, via Baruffaldi, 6

Dal 19 luglio al 3 agosto 2014:

Virgilio Patarini - Luigi Profeta, MEMORIE CONDIVISE

Alla Galleria 20, Torino,

Corso Casale, 85

Dal 10 al 23 maggio 2014:

Virgilio Patarini, ZIBALDONE 2014

Mostra personale di pittura

SPAZIO E, Milano

Stratificazioni

mostra bi-personale di Raffaele De Francesco e Virgilio Patarini

Dal 15 al 28 febbraio 2014

ROCCA VISCONTEA, Lacchiarella (MI), dal 30 nov. al 12 dicembre 2013:

LA RUGGINE E LA LUCE, mostra personale di Virgilio Patarini

il fantasma dell’opera buffa

 

Il fantasma dell’Opera Buffa ha debuttato in teatro a Pavia, al Teatro Volta, il 4 maggio del 2001, per la regia dell’autore stesso con l’attore-pianista Riccardo Fritz Piricò nel ruolo del Compositore e il cantante lirico (basso buffo) Andrey Dufaux in quello del Personaggio. Produzione Apollo e Dioniso

 

 

 

Dramatis personae

 

Il compositore

(l’attore che interpreta il ruolo del compositore, possibilmente, dovrebbe essere in grado anche di suonare il pianoforte con un minimo di padronanza)

 

Il personaggio

(l’attore che interpreta il ruolo del personaggio deve, necessariamente, essere un cantante lirico: un basso buffo, per la precisione)

 

 

 

 

 

 

La scena

 

La scena rappresenta lo studio di un compositore: un pianoforte, innumerevoli leggii disseminati un po’ ovunque nella stanza, spartiti dappertutto, una poltrona.

 

prologo: furore creativo

 

Il compositore è febbrilmente al lavoro: accenna ad un pezzo al pianoforte, si ferma, pensa, riattacca a suonare.  Di tanto in tanto, come folgorato da una illuminazione, balza in piedi e corre a uno dei leggii di cui è disseminata la scena per scarabocchiarvi sopra alcune note. Poi torna al pianoforte e daccapo attacca a strimpellare, si arresta, corre ad un altro leggìo, e così via. Quando si trova ad uno dei leggii di tanto in tanto chiude gli occhi e mima canticchiando l’esecuzione da parte di uno strumento: violino, violoncello, flauto, ecc... Ad ogni leggìo corrisponde uno strumento.

Deve apparire evidente che il compositore stia componendo per orchestra seguendo, contemporaneamente, la linea di ciascuno strumento. La musica che sta cercando di comporre dovrebbe apparire come un guazzabuglio di citazioni di brani molto celebri,che siano facilmente riconoscibili da qualsiasi spettatore. Ogni sequenza di tre-quattro azioni ad altrettanti leggii torna al pianoforte e prova a suonare quello che ha composto, ne resta disgustato e con rabbia va di leggìo in leggìo a distruggere, appallottolandoli, i fogli con i frammenti di partitura. Quindi torna al piano e riprende a suonare.

In un angolo buio compare ad un certo punto “il personaggio”, che spia tutto questo: in mano ha una valigia sgangherata legata con dello spago.

Sulla musica: buio.

Al riaccendersi della luce a terra ci sono molte più pallottole di carta.

La scena si ripete analogamente per altre due volte.

Nell’ultima sequenza di azioni il compositore appare visibilmente stremato. Il pavimento è disseminato di spartiti appallottolati, partiture abortite. Al termine dell’azione il compositore crolla sul piano e vi si addormenta rumorosamente.

 

IL PERSONAGGIO: (si avvicina furtiva-mente al compositore, posa la sua valigia, poi, con cura materna, lo copre con una coperta; quindi sospira, avviandosi verso il proscenio) Ah, povero il mio autore!

Son tre giorni e tre notti che non dorme,

che insegue senza posa le vaghe forme

della sua mente turbinosa.

Tre giorni e tre notti che non riposa

e lavora come un matto,

ininterrottamente,

senza un piatto di minestra,

senza andare alla finestra,

senza alzare la testa

da quella sfilza di spartiti in bianco...

Sarà stanco, io credo, molto stanco,

povero il mio autore...

Tre giorni e tre notti...

settantadue ore in bianco...

L’ora della consegna si avvicina,

e lui è ancora in alto mare...

in mezzo alla tempesta

In alto mare? Magari!

Non ha nemmeno preso il largo!

(sospira di nuovo)

Ah... temo che questa volta farà naufragio...

Il tempo stringe

e lui sta andando troppo adagio.

E’ inutile che finge! Se non si affretta,

è un disastro quello che ci aspetta...

 

Squilla il telefono. Il personaggio si nasconde. Il compositore si sveglia, si alza, risponde...

Buio.

 

 

prima scena: la telefonata

 

Il compositore è sul fondo della scena che passeggia nervosamente con la cornetta del telefono in mano: parla e gesticola vistosamente. Il personaggio è in proscenio, in un angolo in ombra della stanza: spia il compositore, e di tanto in tanto ridacchia o sospira, come reazione a quello che dice l’altro al telefono.

 

IL COMPOSITORE: : (al telefono) Sì, sì, direttore, non si preoccupi. E’ tutto a posto... No, no, non è ancora pronta, ma oramai ci siamo, ci siamo, ci siamo! Insomma, siamo a buon punto... devo rivedere alcune parti... sì, l’orchestrazione di alcuni passaggi non mi convince del tutto... No, non si preoccupi, non intendo modificare... No, non si preoccupi, l’orchestra tradizionale va benissimo ...Come dice? No no no no! Non se ne parla neppure. Mi dispiace, ma. ..Sì, sì, capisco, capisco. ..Capisco la  sua impazìenza, la sua trepidazione, d’accordo... Ma su questo punto sono irremovibile... No. Finchè non è finita, finche non è pronta, mi dispiace veramente ma non posso farle sentire nulla... Come dice? Luciano Serio di solito le anticipa... Be’ capisco, ma io non... Anche Luigi Decimo e Salvatore Sciallino? (scherzando) Ma che brutte abitudini hanno questi miei illustri colleghi. Mi meraviglio di Sciallino, sempre così schivo, così riservato... Come dice? Be’ certo, capisco... i suoi rapporti con loro... Certo, certo... La sua autorevolezza, la sua benevolenza... La prego, direttore, non la metta su questo piano. Si figuri se nel mio cuore non alberga la gratitudine... Mio caro direttore, il mio cuore trabocca di gratitudine, ma quello che lei mi chiede è davvero impossibile!

 

IL PERSONAGGIO: (a parte) E lo credo bene!

 

IL COMPOSITORE: : (si guarda intorno per un istante, come se avesse sentito qualcosa, ma senza distinguere che cosa e da dove) Davvero non posso farle ascoltare nulla... Sa non solo per scaramanzia, ma certo anche per pudore, lei mi capisce, spero... non che io sia un perfezionista, questo no, tuttavia... Come dice? Qualcosa del libretto, sì, insomma la storia... Be’ no, veramente neanche sulla storia, no... nemmeno dell’intreccio posso anticiparle nul1a...

 

IL PERSONAGGIO: (c.s.) E già. Figu-riamoci!

 

IL COMPOSITORE: (c.s.) Comunque, direttore, non ha nulla da temere... Sì, sì, lo so che lei ha piena fiducia... Certo, certo, questo lo immagino...  certo, certo... Diversamente non mi avrebbe affidato, commissionato... certo, certo... Comunque le garantisco che l’opera sta riuscendo un capolavoro, un autentico capolavoro... Quanto alla trama...

 

IL PERSONAGGIO: (ridacchia) Figuria-moci! Un capolavoro!

 

IL COMPOSITORE: Quanto alla trama, le dicevo... posso garantirle che è ricca di intrighi, complicazioni e colpi di scena...

 

IL PERSONAGGIO: (divertito) Oooh! E sai che scoperta!

 

A questo punto, mentre il compositore continua sul fondo la sua conversazione telefonica, il personaggio, in proscenio, si rivolge al pubblico...

 

IL COMPOSITORE: Come dice? No, davvero, mio caro direttore... davvero, non insista... (ecc.)

 

IL PERSONAGGIO: (al pubblico) Ma lo sentite? Che gran figlio dei nostri tempi!

Dovrebbe fare l’attore, altro che il compositore!

E’ al telefono con quel tale. ..come si chiama?

Il direttore artistico del Festival di Spoletta...

il Festival dei due Fondi... Aspetta, aspetta... Come diavolo si chiama? Ah, si: Ciro Menotti! E’ al telefono con Ciro Menotti. E lo sapete perche si chiama Festival dei due Fondi?  Perche ci vuole un doppio fondo per arrivarci! E lui (allude al compositore), quell’infingardo filibustiere, spaccianuvole di mestiere... vi assicuro che ce l’ha. Infatti fra due settimane una sua opera debutta proprio là, a Spoletta. L’opera... l’operina... l’operuccia... l’operetta si intitola “Il fantasma dell’opera buffa”. C’è solo un piccolo problema. Una cosuccia da nulla, una quisquilia: l’opera... è una truffa. Non c’è, non esiste. Non è stata mai scritta. O per lo meno non ancora. No no no no no. Non fatevi ingannare dalla parlantina di quello spacciatore di favole. Tutta aria fritta!(rifacendogli il verso) “Le garantisco che l’opera sta riuscendo un capolavoro, un autentico capolavoro. ..”

Ma quale capolavoro?! Uncapolavoro invisibile!

Un inaudito capolavoro i-nu-di-bi-le.

Pagine e pagine di partiture mute.

Avrà scritto sì e no otto battute!

 

IL COMPOSITORE: (terminando la telefonata) Mi scusi, direttore, ma adesso debbo andare... Sa, quelle ultime correzioni che le dicevo... quell’ultima revisione... Arrivederci, direttore... Arrivederci... (riattacca, poi muto, irrigidito, avanza verso il centro della scena fino ad una poltrona dove crolla ed erompe in un singhiozzo disperato, tenendosi il capo tra le mani) Aaah!

 

 

seconda scena: il riconoscimento

 

Il personaggio si avvicina furtivamente, passando dietro la poltrona, alle spalle del compositore, quindi gli picchietta su di una spalla con la punta di due dita. Il compositore guarda alla sua destra, e il personaggio si sposta a sinistra, picchiettando poi di nuovo sull’altra spalla. Allora il compositore si gira da quest’altra parte, ma di nuovo il personaggio sfila dall’altra parte.

Il gioco si ripete a piacere, finchè...

 

IL PERSONAGGIO: (gridando)  Al lavoro, razza di pelandrone!

 

IL COMPOSITORE: Chi...? Che c’è? Che succede?

 

IL PERSONAGGIO: All’opera, inconclu-dente fannullone!

 

IL COMPOSITORE: Ma tu chi sei?

 

IL PERSONAGGIO: Guardami bene: non mi riconosci?

 

IL COMPOSITORE: (lo guarda attenta-mente) Veramente no.

 

IL PERSONAGGIO: Guardami meglio... oltretutto un po’ ti assomiglio!

 

IL COMPOSITORE: Non dirmi che sei... Aspetta, aspetta... forse ci sono! Mi ricordo che una volta la mia adorata bisnonna mi raccontò di un mio cugino, o forse un lontano parente, rapito nottetempo da una banda di beduini dalla sua tenda piantata chissà dove in una landa sperduta del lontano oriente... Non dirmi che sei tu?!

 

IL PERSONAGGIO: (scuote il capo sconsolato) Andiamo bene. Andiamo proprio bene! No dico, vi rendete conto? Sono così poco definito, così malamente abbozzato, che neppure il mio autore mi riconosce! No, dico, sarebbe un po’ come se una madre non riconoscesse suo figlio!

 

IL COMPOSITORE: (perplesso) E tu saresti mio figlio? (scoppia a ridere) Ma se avrai il doppio dei miei anni! Al massimo potresti essre mio padre! (colto da un dubbio atroce) No, dico... non dirmi che tu sei ... sei ... sei mio padre?!

 

IL PERSONAGGIO: Io sono il fantasma dell’opera buffa!

 

IL COMPOSITORE: Prego?!

 

IL PERSONAGGIO: Sono una tua creatura,

un personaggio della partitura

che stai componendo...

o meglio, di quell’assaggio

che finora hai composto...

 

IL COMPOSITORE: Dunque tu saresti ... un mio personaggio? (a parte) Ah,  Dio mio, come sono caduto in basso!

 

IL PERSONAGGIO: Come dici?

 

IL COMPOSITORE: Mi chiedevo se sei un basso .

 

IL PERSONAGGIO: (celiando) Un basso buffo, per la precisione.

Un basso buffo che si rabbuffa un baffo

e si fa beffe e sberleffi

di tutti i brutti buffi ceffi...

 

IL COMPOSITORE: Ho capito, ho capito, afferrato il concetto... Certo, niente da dire, per essere un basso buffo sei proprio basso e buffo.

 

IL PERSONAGGIO: Alludi forse al mio aspetto?

 

IL COMPOSITORE: Nooo. ..

 

IL PERSONAGGIO: Guarda bell’ in busto,

è inutile che sghignazzi di gusto

per il mio aspetto...

non proprio perfetto,

perche questo è l’effetto

di un tuo difetto.

Sei stato tu, marrano

di un autore, a disegnarmi così. ..

con la tua mano!

 

IL COMPOSITORE: Io?!

 

IL PERSONAGGIO: Comunque sappi che non sono sempre stato così. ..

(canta, accennando, la celebre aria del Falstaff)

Quando ero paggio del duca di Nortfolk

ero sottile sottile, come un miraggio

gentile gentile... (ecc.)

 

 

Terza scena: divagazioni

 

IL COMPOSITORE: Mi pare che tu stia facendo un po’ di confusione.

 

IL PERSONAGGIO: Tu dici?

 

IL COMPOSITORE: Questo era “Falstaff”.

 

IL PERSONAGGIO: E allora? Che dovrei fare? Andare sulla tomba del caro vecchio Giuseppe Verdi e pagargli i diritti d’autore

in mazzi di crisantemi, o di qualche altro fiore?

 

IL COMPOSITORE: E scopriresti che il fiorista del cimitero è un ex impiegato della S.I.A.E.!

 

IL PERSONAGGIO: (ride fragorosamente)  Ah-ah-ah-ah-ah!

 

IL COMPOSITORE: (lo guarda stupito)

 

IL PERSONAGGIO: (lo guarda altrettanto stupito)

 

IL COMPOSITORE: (sospettoso) Ma, scusa, che ne sai tu della S.I.A.E. ?

 

IL PERSOnAGGIO: Che ne so io della S.I.A.E. ?!

S.I.A.E. : Società Italiana Autori di ... Estorsioni!

Devi sapere, caro il mio autore,

che mentre tu strimpellavi,

ti affannavi e spremevi la tua arte

per cercare di comporre la mia parte,

ogni volta che prendevi un abbaglio

e per sbaglio infilavi

una sequenza di note uguali,

o quasi, a quella di qualche altra opera,

io subivo gli strali  di qualche mio collega...

 

IL COMPOSITORE: Gli strali di qualche tuo collega?

 

IL PERSONAGGIO: Sì, sì... collega, collega!

Ora la cosa ti si spiega.

Non appena per distrazione

tu scrivevi una tirata di note somiglianti,

a qualche altra composizione,

subito balzava davanti al mio cospetto

un Rigoletto, o un Don Basiglio,

in abito da parata, che con fiero cipiglio,

senza neppure un saluto,

esigeva il suo tributo.

Ah, caro il mio autore, sapessi che risate

quando dopo una tua tiritera di note abbozzate

si sono presentate, contemporaneamente,

la Norma e la Rosina...

E come si guardavano in cagnesco,

come ringhiavano, e come si azzuffarono!

Un quadro grottesco.

Ma non appena tu, caro il mio autore,

girasti il pezzo in un’altra chiave ...

ecco che subito le due prave

si dileguarono nel nulla, senza un rumore,

lasciando il posto

a qualche altro collega scocciatore.

Ah, se tu sapessi, caro il mio autore,

che tormento e che Calvario!

Ogni tuo componimento, senza eccezioni,

è un rosario di richiami e citazioni...

 

IL COMPOSITORE: Ma tu sei proprio sicuro di essere un mio personaggio ?

 

IL PERSONAGGIO: Perchè?

 

IL COMPOSITORE: (sospettoso) Perchè hai uno strano modo di parlare...

 

IL PERSONAGGIO: E lo credo bene!

Se fosse per te, sarei come Vespone

della “Serva padrona”:

un personaggio muto.

E così se voglio esprimermi

sono costretto

a rubacchiar qua e là,

pescando nel repertoir

che più mi si confà,

il repertoir dell’Operà...

 

IL COMPOSITORE: (perplesso) Mah, sarà. ..

 

IL PERSONAGGIO: Ad ogni modo,

se vuoi saper la verità,

son proprio stanco di essere un foglio,

uno spartito in bianco.

Io voglio vivere, voglio soffrire,

ridere, amare...

e soprattutto: voglio cantare!

Voglio dischiudere la mia anima al canto,

voglio racchiudere in un gorgheggio

tutto l’incanto del mondo,

voglio socchiudere le mie labbra

ed assaporare in un fraseggio

il gusto rotondo di un rimpianto...

(sospirando) Ah, sì:

voglio dischiudere,

voglio racchiudere,

voglio socchiudere...

(cambiando tono)

e tu, vedi di concludere!

 

IL COMPOSITORE: Se è per questo puoi stare tranquillo. Come dicevo poc’anzi al direttore, l’opera è a buon punto... devo solo limare alcune parti... l’orchestrazione di alcuni passaggi...

 

IL PERSONAGGIO: Ah! Povero me!

E io che sto qui a darti retta.

Fra tre settimane c’è la prima, a Spoletta,

e tu che continui con questa favoletta:

(rifacendogli il verso ferocemente)

“l’opera è a buon punto...

devo solo limare alcune parti...

l’orchestrazione di alcuni passaggi...”

Ma vedi se trovi una buca nei paraggi

e ficcaci la testa,

e restaci finchè il flusso di sciocchezze

non s’arresta!

(cambiando tono) Ah! Già me li vedo:

in fila come un plotone d’esecuzione,

pronti a sparare alla minima esitazione...

appollaiati nel buio come avvoltoi,

pronti a piombare su di noi

e sulla povera carcassa

di questa tua ridicola opera buffa...

 

IL COMPOSITORE: Ma di chi parli?

 

IL PERSONAGGIO: Di chi parlo?

Ma dei critici musicali,

le firme che più contano,

le testate nazionali!

 

IL COMPOSITORE: Ah, ecco, mi pareva. Ma scusa, anche se fosse, per te che cosa cambierebbe? Sarei io infondo a rimetterci, in un caso come questo. Non certo tu, tu che neppure esisti, tu che sei soltanto un parto della mia fantasia. O meglio, diciamolo pure, più che un parto...

 

IL PERSONAGGIO: (con mesta consape-volezza) Un aborto.

 

IL COMPOSITORE: L‘hai detto tu. Non posso darti torto. Ah! Ma che diavolo mi succede! Comincio a parlare come te, in modo strano. (ride) Non si è mai visto un caso come questo: un autore che parla come un suo personaggio, con lo stesso frasario... casomai dovrebbe essere il contrario!

 

IL PERSONAGGIO: Infatti... se l’autore avesse qualcosa da dire!

 

IL COMPOSITORE: Ad ogni modo, dicevo...  Che cosa stavo dicendo?

 

IL PERSONAGGIO: Appunto.

 

IL COMPOSITORE: Ah, sì.  Dicevo che anche se fosse, anche se loro,  tutti i critici del mondo in coro, stroncassero questo mio lavoro... Infondo sarei io a rimetterci. Non certo tu. Nel malaugurato caso, non ci sarebbe nulla di cui tu dovresti preoccuparti.

 

IL PERSONAGGIO: Tu dici? Ma lo sai tu che fine fanno i personaggi delle opere stroncate?

Te lo dico io: cadono nell’oblìo.

L’opera vien tolta dal cartellone

e mai più rappresentata.

E chi credi che si ricordi di un personaggio

che ha fatto capolino

sulla scena una sola volta

e per poche decine di balordi?

Senza scena e senza memoria

per noi personaggi non c’è storia.

Finiamo confinati nei paraggi del Niente.

Strisciamo nel buio come scarafaggi.

E’ una sorte peggiore della morte:

un fioco barlume di vita rischiarato

da un altrettanto fioco barlume di coscienza...

Troppo poco per chi era nato

per la luce sfolgorante della ribalta,

per l’applauso scrosciante,

per l’ovazione a scena aperta!

 

IL COMPOSITORE: Ad ogni modo il problema non si pone. Perchè, come cerco di farti intendere da più di mezz’ora, l’opera è pressoche pronta, e, secondo il mio modesto avviso, è un autentico capolavoro!

 

IL PERSONAGGIO: Ma davvero ?!

 

IL COMPOSITORE: Davvero, son sincero.

 

IL PERSONAGGIO: (si mette a frugare furiosamente tra gli spartiti)

E dov’è? Dov’è questo capolavoro?

Dove si nasconde?

Qui ci saranno scritte, sì e no, nero su bianco,

otto battute, o forse manco!

 

IL COMPOSITORE: E’ tutto qui, nella mia testa.

 

IL PERSONAGGIO: (con finta ammira-zione) Oooh! Ma che meraviglia.

Non solo un capolavoro, ma addirittura un’opera rivoluzionaria,

assolutamente rivoluzionaria! Una svolta epocale!

La prima opera “te-le-pa-ti-ca”

nella storia della musica lirica.

Dalla testa dell’autore

a quella dello spettatore.

Et voilà! Senza l’inutile e macchinosa mediazione

dell’orchestra, dei cantanti, del direttore...

Direttamente dal produttore al consumatore!

 

IL COMPOSITORE: Vedi, caro il mio personaggio, questa è una mia vecchia abitudine, o se preferisci un vezzo...

 

IL PERSONAGGIO: Quale abitudine? Quella di raccontare frottole?

 

IL COMPOSITORE: Quella di elaborare l’opera mentalmente, passaggio dopo passaggio, compresa l’orchestrazione, fin nei minimi particolari, senza mai scrivere niente, fino quando non è pronta: per poi sfornarla così di getto, partorirla tutta intera, in poche ore di febbrile stesura. Et voilà, les joux sont fait!!

 

IL PERSONAGGIO: (con espressione di finta meraviglia)

Tutta l’opera, passaggio per passaggio,

compresa l’orchestrazione,

fin nei minimi particolari...

Oooh! Ma che capoccione!

 

IL COMPOSITORE: E’ inutile che sfotti, caro il mio personaggio, perche se non fosse per questo mio capoccione tu non esisteresti neppure...

 

IL PERSONAGGIO: E tu la chiami esistenza questa ?

Questo mio vagare e brancolare

in un mare di penombra

con la mente sempre sgombra

di pensieri originali...

pensieri tutti miei, pensieri personali...

Questo mio trascinarmi qui così,

tra la luce e l’ombra,

tra barlumi improvvisi di coscienza

e l’agonia di una lunga assenza...

 

IL COMPOSITORE: Comunque te l’ho detto e te lo ripeto. Puoi stare tranquillo: l’opera è tutta qui, nella mia testa.

 

IL PERSONAGGIO: Ah, sì? E allora fammela sentire! Io voglio sapere, io esigo di sapere quale sarà il mio destino! Perche questa benedetta opera non proviamo a farla passare da. ... (gli prende la testa tra le mani) qui a ... (gli prende le mani e gliele sbatte sulla tastiera) ... qui?

 

IL COMPOSITORE: Ah, sì? (suona il celebre attacco dell’Eroica di Beethoven) E così sia. Da dove vuoi che cominci?

 

IL PERSONAGGIO: Cominciamo da me. Chi diavolo sono io? Qual è il mio ruolo nella storia?

 

IL COMPOSITORE: Tu sei... Tu sei... il protagonista!

 

IL PERSONAGGIO: Ah, sì?

 

IL COMPOSITORE: Eh, sì!

 

IL PERSONAGGIO: Be’, questo mi piace. E poi? Continua.

 

IL COMPOSITORE: Dunque vediamo... La storia è più o meno questa... (racconta la trama del Barbiere di Siviglia) C’è un lui e una lei... lui ama lei… e lei ama lui... insomma si amano vicendevolmente. Ma il tutore di lei, ecco… lui no! lui non vuole che i due si amino. Allora il ragazzo si rivolge... a un commercialista! No, un commercialista no… Un avvocato! Neanche … Un barbiere! ecco, ho trovato: lui si rivolge ad un barbiere. Ma non un barbiere qualunque. No. Non uno che si limita a farti la barba, pelo e contropelo... No. Un barbiere di qualità, ecco, sì... uno che è un po’ il factotum della città…

 

IL PERSONAGGIO: Ah, sì?

 

IL COMPOSITORE: Eh, sì! E allora questo barbiere architetta uno stratagemma per far fuggire i due amanti senza che siano scoperti. I due si sposano e vivono … e vivono ... felici e contenti!

 

IL PERSONAGGIO: Ah, sì?

 

IL COMPOSITORE: Eh, sì!

 

IL PERSONAGGIO: Gran bella storia, niente da dire: ci sapeva fare il caro vecchio Gioacchino Rossini!

 

IL COMPOSITORE: E che c’ entra Gioacchino Rossini!?

 

IL PERSONAGGIO: C’entra, c’entra. Perchè quella che mi hai appena propinato è la trama del “Barbiere di Siviglia” di Gioachino Rossini.

 

IL COMPOSITORE: Ah, sì?

 

IL PERSONAGGIO: Eh, sì!

 

IL COMPOSITORE: Ah, si, scusa... ho avuto un attimo di defaiance... sai com’è, tutte queste notti senza dormire. ..

 

IL PERSONAGGIO: Eh, si, me lo immagino.

A furia di non dormire e di sognare ad occhi aperti, come i bambini, si può finir per credere di essere Gioacchino Rossini!

 

IL COMPOSITORE: No, no. La storia è diversa. Dunque vediamo... Tu sei  a Venezia...

 

IL PERSONAGGIO: (si mette a mimare l’azione di spingere in acqua il remo di una gondola e canticchia sottovoce)

Ninetta monta in gondoa...

 

IL COMPOSITORE: No, no. La storia è diversa. No, tu non sei un gondoliere. Tu sei …  tu sei un maestro di musica …  Anzi no, di più: tu sei un direttore d’orchestra. (racconta la trama di “Tutti in maschera “) Ieri sera hanno rappresentato una tua opera alla Fenice. E tu gongoli del successo che hai avuto e ne sei ben felice... Ma quando ad un certo punto entri in una osteria, ti accorgi che parlano di te, della tua opera: porgi l’orecchio e scopri che ne dicono peste e corna...

 

IL PERSONAGGIO: Ah, sì?

 

IL COMPOSITORE: Eh, sì! E allora ti deprimi, ma poi incontri un amico che ti suggerisce di cambiare impresario. Non un italiano, no... Ci vuole un impresario straniero, più esotico, che ne so, un impresario... spagnolo, cinese...

 

IL PERSONAGGIO: E perchè non turco?!

 

IL COMPOSITORE: Ecco, sìiii ! Turco! Un impresario turco!

 

IL PERSONAGGIO: Ah, sì?

 

IL COMPOSITORE: Eh, sì! (continuando a raccontare) E poi tu t’infervori, ti esalti, al pensiero del successo che ti aiuterà a conquistare questo impresario straniero... E a questo punto c’è un’aria molto bella che fa...

 

IL PERSONAGGIO: (anticipandolo, accenna)

Don Gregorio il semicroma....”

 

IL COMPOSITORE: Eh, sì!  Proprio così... (si siede al piano)

 

IL PERSONAGGIO: (canta, accompagnato prontamente dal compositore al pianoforte)

Don Gregorio il semicroma

fa un inchino a lor signor!

Cinta ancor l’augusta chioma

di quei verdi eterni allor...

Cimarosa e Paisiello

cosa sono al mio cospetto?

Uno scolaro e questo e quello

che mi fanno di berretto.

Fortunato quel paese

che mi udì, che mi comprese!

Roma, Napoli, Milano

con immenso battimano

mi han chiamato, salutato

genio altissimo immortal...

mi han chiamato, salutato

genio altissimo immortal...

mi han chiamato, salutato

genio altissimo immortal...

genio altissimo immortal...

Ma a Venezia... mi han fischiato...

Han fatto mal!

Non si fischia Don Gregorio,

è un’infamia, un vitupero:

dei maestri, e me ne glorio,

primo io son nel mondo intero!

Che ho da farci?

Che ho da farci se i cantanti

sono cani tutti quanti...

sono cani tutti quanti!

Quella cara prima donna

ch’io credea la mia colonna

adirata col suo bello

mandò l’opera a bordello...

mandò l’opera a bordello...

La sua vaga cavatina

fu un pasticcio, una rovina.

E perfin la cabaletta

mandò a terra la civetta!

Quel diabolico tenore

avea preso un raffreddore,

era pien di maccheroni

fino dentro nei polmoni!

Ad un la-mi-re di petto

fece stecca il poveretto!

Anche il musico impotente

via scapar facea la gente.

E quel basso? Un vero orrore!

Sembra l’asino in amore! (raglia)

La mia stessa Dorotea

più stonare non potea.

Non va mai con me d’accordo.

E vel giuro io faccio il sordo!

Fin l’orchestra e i cori han fatto

una lega contro me!!

Se stavolta non vo’ matto

è un prodigio per mia fe’!

Se stavolta non vo’ matto

è un prodigio per mia fe’...

Se stavolta non vo’ matto

è un prodigio per mia fe’...

(parlando) Perciò l’opera è caduta,

ma la musica è piaciuta:

un trionfo riportato... (ecc.) e quindi...

(cantando) Italia, matrigna, mi guardi? Vo’ via!

Il tuo più gran genio emigra in Turchia!

(ecc., a piacere)

...

(al termine, sospirando) Eh, sì! Gran bell’aria e gran bella storia, niente da dire: ci sapeva fare anche il caro vecchio Pedrotti!

 

IL COMPOSITORE: E che c’entra questo Pedrotti?

 

IL PERSONAGGIO: C’entra, c’entra. Quella che mi hai appena turlupinato è la trama di “Tutti in maschera” di Carlo Pedrotti, liberamente tratta dal librettista Marco Marcello Marcelliano, o qualcosa del genere, dalla commedia di Goldoni intitolata “L’impresario delle Smirne”.

 

IL COMPOSITORE:  Ah, sì?

 

IL PERSONAGGIO: Eh, sì!

 

IL COMPOSITORE:  E tu come lo sai?

 

IL PERSONAGGIO: Io so tutto quello che sai tu, e anche di più!

.

IL COMPOSITORE:  E anche di più?

 

IL PERSONAGGIO: E anche di più! Ssì.

Perche so quello che tu sai,

e anche quello che sai senza sapere di saperlo.

Certo sei stato bravo. O meglio: astuto.

Quando hai veduto che ho riconosciuto

“Il Barbiere di Siviglia “,

m’hai tornato la pariglia

raccontandomi qualcosa di meno conosciuto.

Astuto, molto astuto...

 

IL COMPOSITORE:  Bravo, bravissimo! Hai superato la prova.

 

IL PERSONAGGIO: (colto di sorpresa) La prova? Quale prova?

 

IL COMPOSITORE:  (tra sè) E già... quale prova? (al personaggio, aggredendolo) No, dico... non penserai davvero che io mi metta a spifferare al primo fantasma che passa la trama di una mia opera, aprendo bocca e dandole fiato, così tanto per fare, spargendo ai quattro venti tutti i miei segreti, come se nulla fosse, e magari mettendomi a fischiettare anche qualche brano musicale o accennando a qualche aria, eh? No, dico, per chi mi hai preso? Per un qualsiasi sprovveduto pallone gonfiato? Per questo ho voluto metterti alla prova. Per vedere se eri degno.

 

IL PERSONAGGIO: (colto di sorpresa) Degno? Degno di che?

 

IL COMPOSITORE:  Degno di essere messo a parte del nuovo parto della mia creatività!

 

IL PERSONAGGIO: Essere messo a parte? Ma se sono il protagonista!

No, dico, bisognerà pur che sappia prima o poi

in che razza di storia mi dovrò aggirare

e su quali melodie, quali parole dovrò cantare...

Oppure vuoi che impari tutto a memoria,

così, lì per lì, a Spoletta e a prima vista,

la sera stessa del debutto?

Quindi è del tutto ragionevole

che io sia messo a parte

della mia parte, se non del tutto

almeno in parte

 

IL COMPOSITORE:  (a parte) Essere messo a parte... o da parte...

 

IL PERSONAGGIO: (leggermente allarmato) Come dici?

 

IL COMPOSITORE: Dico che forse non ci siamo capiti. Anzi, no, diciamo che sono io che mi sono espresso male. Vedi, caro il mio personaggio, ti ho messo alla prova, non tanto per vedere se eri degno di essere messo a parte della mia creazione, quanto piuttosto se eri degno di ricevere una parte...

 

IL PERSONAGGIO: (decisamente allarmato) Cioè vorresti dire che ... se per caso...  io fossi inciampato nei tuoi tranelli,

senza risolvere i tuoi indovinelli,

facendo, per così dire, un patatrac,

tu... (fa il gesto di tagliare con un paio di forbici immaginarie) ... zac?!

 

IL COMPOSITORE: Eh, sì.

 

IL PERSONAGGIO: (fingendo di stare al gioco) Beh, sì, infondo mi par giusto.

Or che mi rammento,

anche il compianto Giacomo Puccini,

una volta, aveva questa abitudine:

tutte le sere, a Torre Del Lago,

chiamava a raccolta

i suoi personaggi, e nella solitudine

della sua stanza

ne interrogava la maggioranza...

(rievocando la scena, parla con accento marcatamente toscano) “Madama Butterfly?”

“Presente”

“Dimmi un poco, cara la mia madama,

in che anno l’è nato il Vincenzo Bellini?”

“Milleottocentouno”

“E brava la madama, sempre pronta

quando la si chiama!

Dunque vediamo adesso chi interroghiamo...

Asdrubale!”

(qui parla con accento marcatamente “negroide”)“Bresente!”

(c.s.) “Per te, Asdrubale,

una domandina facile facile...

Quanti sono i ruoli per cantanti

nella Serva padrona?”

 

IL COMPOSITORE: Non c’è nessun Asdrubale nelle opere di Puccini...

 

IL PERSONAGGIO: Zitto te

e non interrompere l’interrogazione!

Un po’ di rispetto per il povero Puccini!

“Dove eravamo rimasti, bambini? Ah, sì:

Caro Asdrubale, allora, vorresti dirmi

quanti sono i ruoli per cantanti

nella Serva padrona?”

“Tre”

“Somaro! I ruoli son solo due, poichè il terzo, il servo, l’è un personaggio muto... Asdrubale?”

“Sì?”

“Te tu sei troppo grullo

per comparire in una mia opera...

Zac! T’annullo.”

 

IL COMPOSITORE: (applaude sarcasti-camente) Bravo, bravissimo! Gran bella scena. Adesso hai finito? (va al contrattacco) Ma tu, come ti permetti di scagliare contro di me, contro il tuo autore, gli strali della tua spuntata e grossolana ironia? Ma lo sai tu che sei fatto di niente? Di niente. Del barlume di un istante. Di un’idea balenata per la frazione di un secondo, che nella frazione di un secondo può ripiombare nel nulla. Di un soffio di vento. Dell’ispirazione di un momento, che può svanire appena gira il vento. Tu non esisti. Tu sei solo una mia idea. Ma è così facile cambiare idea... Ti rendi conto che sei nelle mie mani? In balìa, letteralmente in balìa dei miei sbalzi di umore: un bel giorno mi alzo, prendo l’opera che ti contiene, prendo “Il fantasma dell’opera buffa” e ne faccio un falò. Ed ecco che tu diventi un filo di fumo che disperde il vento. Niente da dire, la fine più appropriata per un fantasma. Non trovi?

 

IL PERSONAGGIO: (applaude sarcastica-mente rifacendogli il verso) Bravo, bravissimo! Gran bella scena. Adesso hai finito? Bene. Una sola domanda: l’opera c’è?

 

IL COMPOSITORE: Una sola risposta: no... Cioè, non del tutto... insomma, è lì lì... (accasciandosi di colpo, non reggendo più il peso della finzione) No, non c’è. Non c’è mai stata. L’opera intitolata “Il fantasma dell’opera buffa” non esiste. Non è mai stata scritta. (amaramente) E forse non lo sarà mai.

 

Per un istante si affievoliscono le luci sul personaggio.

 

IL PERSONAGGIO: (Lo guarda con sommo disprezzo) Sei solo un infecondo ciarlatano,

uno squallido millantatore.

Ti ho sentito prima, sai?

Mentre cercavi di spacciare

le tue frottole d’autore senza copione

a quel povero boccalone del direttore

Ciro Menotti. Di’ un po’: fai così con tutti?

Spacci volute di fumo per cattedrali,

e ti pavoneggi nei panni d’architetto.

C’è solo un difetto: che al primo soffio di vento

il fumo si dirada, e si svelano i tuoi inganni,

e tu devi abbassare le ali. Che fai?

Non rispondi? La verità è amara.

Tu sei come Dulcamara:

te lo ricordi il Dulcamara del Donizetti?

Bene: allora attacca, maestro,

che lo facciamo a pezzetti.

(canta accompagnato dal compositore che mestamente si è portato al piano,

e nel cantare estrae al bisogno, dalla sua valigia, alambicchi ed altre cose del genere)

Udite, udite, o rustici! Attenti, non fiatate!

Io già suppongo e immagino

che al par di me sappiate

ch’io sono quel gran medico,

dottore enciclopedico,

chiamato Dulcamara, la cui virtù è preclara

e i cui portenti infiniti son noti

all’universo e ... in altri siti.

Benefattor degli uomini, riparator dei mali,

in pochi giorni io sgombero,

io spazzo gli ‘spedali

e la salute a vendere in tutto il mondo io vo’.

Compratela, compratela, per poco ve la do!

Compratela, compratela, per poco ve la do!

è questo l’odontalgico mirabile liquore,

dei topi e delle cimici possente distruttore.

I qui certificati autentici bollati

toccar, veder e leggere a ciaschedun farò.

Per questo mio specifico simpatico, prolifico

un uom settuagenario e valetudinario

nonno di dieci bamboli ancora diventò...

Di dieci o venti banboli nonno diventò...

Per questo tocca e sana in breve settimana

più di una afflitta vedova di piangere cessò.

O voi, matrone rigide, ringiovanir bramate?

Le vostre rughe incomode

con esso cancellate!

Volete voi donzelle ben liscia aver la pelle?

Voi giovani galanti per sempre avere amanti?

Comprate il mio specifico per poco ve lo do!

Comprate il mio specifico per poco ve lo do!

Da bravi giovanotti, da brave vedovette,

Comprate il mio specifico per poco ve lo do!

Ei muove i paralitici, spedisce gli apopletici,

gli asmatici, gli asfittici,

gli isterici, i diabetici,

guarisce timpanitidi, e scrofole rachitidi,

e fin il mal di fegato che in moda diventò!

Mirabile pei cimici, mirabile pel fegato,

guarisce i paralitici, spedisce gli apopletici...

Comprate il mio specifico,

voi vedove donzelle,

voi giovani galanti, per poco ve lo do!

Avanti, avanti, o vedove!

Avanti, avanti, o bamboli!

Comprate il mio specifico, per poco ve lo do!

Comprate il mio specifico per poco ve lo do!

L’ho portato per la posta,

da lontano, mille miglia...

Mi direte: quanto costa?

Quanto viene la bottiglia?

Cento scudi? No! Trenta? No! Venti?!

Nessuno si sgomenti.

Per provarvi il mio contento

di sì amico accoglimento,

io vi voglio, o brava gente,

a uno scudo regalar!

Ecco qua, così stupendo, sì balsamico elisir,

tutta Europa sa ch’io vendo

a niente men che nove lire.

Ma siccome è pur palese ch’io son nato nel paese,

per tre lire a voi lo cedo, sol tre lire a voi richiedo!

Moretto, tromba!

Così è chiaro come il sole

che per ciascuno che lo vuole

uno scudo bello e netto

in saccoccia faccio entrar...

uno scudo bello e netto

in saccoccia faccio entrar...

(terminato il brano, torna a rivolgersi al compositore)

Ebbene? Ti sei riconosciuto? (Di nuovo si affievoliscono le luci sul personaggio)

Ma che succede? Perchè si abbassa la luce?

Autore! Caro il mio autore, che accade?

Autore? Autore, mi senti?

 

 

Quarta scena: giù la maschera

 

IL COMPOSITORE: (scoppia in un pianto improvviso e dirotto) Aaah! Inutile ...tutto inutile! Conficco il mio pensiero con foga e con costanza, come un chiodo, nella tavola piatta e levigata della mia mente ...il sangue mi pulsa alle tempie, la testa mi scoppia ...Mi spremo le meningi fino in fondo, come un limone acerbo, ma nulla! E’ tutto inutile. Il succo che ne fuoriesce ha l’insipido sapore di una storia vuota, banale, senza significato. Non mi viene in mente nulla di originale da mesi, ormai, forse da anni... Sfila davanti ai miei occhi chiusi un interminabile corteo di maschere senza volto, di cose e persone senza nome, di fatti senza significato... Brandelli di vite che non riesco a ricucire, frammenti sparsi che ...no, non riesco a connettere... relitti alla deriva, dopo il naufragio ...Ogni tentativo mi sembra inutile, vano. Non c’è una forma musicale o letteraria che mi sembri adeguata... Non c’è forma che non mi appaia già logora, già vista e rivista, trita e contrita. (lo sguardo perso nel vuoto) Non so più nulla, no... Non sono più nulla! M’aggiro tra le tenebre come un fantasma ... Mi capisci, caro il mio incompiuto personaggio? Sono io “il fantasma dell’opera buffa”. Brancolo nel buio di una coscienza perduta, dimenticata ... Non sono più nulla, no... Nulla, nessuno... Neppure l’ombra di un sogno... In questo ti assomiglio.

 

IL PERSONAGGIO: Come un padre assomiglia al figlio.

 

IL COMPOSITORE: Non sono più nulla, e più nulla possiedo. Sono mesi che faccio tutte le notti lo stesso sogno. Mi ritrovo non so come con la testa tra le mani, nel bel mezzo della scena del Teatro alla Scala, e sono un povero cantante che all’improvviso si è scordato la parte e non sa più che pesci pigliare. ..Gli spettatori se ne stanno lì davanti, con la bocca spalancata, pronti ad abboccare... Il direttore mi guarda, fermo, immobile, con la bacchetta in mano, pronto a darmi l’attacco... E io qui, davanti a lui, davanti a loro, davanti a quell’unica, enorme bocca spalancata, davanti al vuoto del boccascena... Sorrido con naturalezza, allungo una mano nel sacco della mia memoria, che tengo nascosto alle mie spalle, tasto e ritasto, e scopro, con orrore, che è vuoto! Completamente vuoto! Nessun amo, nessuna lenza, nessuna esca: niente!

Niente di niente! Nessuna possibilità di far abboccare niente o nessuno. Il panico mi afferra. Si apre una falla, una crepa nel terreno, una voragine che si allarga ai miei piedi, sempre più rapidamente, un abisso che dilaga e mi vuole risucchiare, un fossato che si scava tra me e gli spettatori, una barriera, una muraglia di gelo e di silenzio... E io niente! Non trovo niente da dire! Niente di niente! Un enorme, incolmabile vuoto di scena si spalanca sotto di me...

 

IL PERSONAGGIO: Sono io questo tuo sogno. Quella che hai appena raccontato è la storia della mia vita.

 

IL COMPOSITORE: (in preda alla angoscia) Che posso fare? Maledizione! Che posso fare? Non mi resta che aprir bocca e darle fiato! Capisci? Sparare a mitraglia, una dopo l’altra, qualunque accozzaglia di suoni mi passi per la mente, senza fermarmi a pensare, senza riflettere, senza freni, senza reticenze, senza discriminare, senza tempo per scegliere, per distinguere ...Qualunque cosa pur di sfuggire a quel vuoto che dentro mi divora! Correre giù a perdifiato, sull’onda della musica più sfrenata, delle libere associazioni, a ruota libera, a perdifiato, a precipizio, sperando così di salvarmi dalla rovina di una caduta di tono... ma senza rendermi conto che in realtà è proprio questo ciò che sto interpretando: una caduta! Una spaventosa, precipitosa, irrefrenabile caduta rovinosa...

 

IL PERSONAGGIO: E’ quello che ho fatto per tutto il tempo di questa mia apparizione...

 

IL COMPOSITORE: (cambiando di tono) Certo dev’esserci stato un tempo felice in cui gli autori come me sapevano che cosa dire. Avevano un copione preciso, una parte, un ruolo ben definito da recitare nel Teatro del Gran Mondo...

 

IL PERSONAGGIO: (accenna soltanto, come sottofondo al monologo del compositore)

Nel teatro del gran mondo...

Nel teatro del gran mondo...

Cerca ognun la sua fortuna...

Cerca ognun la sua fortuna...

(ecc.)

 

IL COMPOSITORE: Avevano un copione preciso, una parte, un ruolo ben definito da recitare, per questo erano in grado di scrivere un copione preciso, delle parti, dei ruoli ben definiti da cantare e recitare. Proprio così. Sembra incredibile di questi tempi, ma allora quasi sicuramente le persone come me avevano persino un ruolo! Un ruolo preciso, ben definito, riconoscibile. Una ragion d’essere... E una storia. Soprattutto una storia. Un passato da raccontare, un presente da vivere, e un futuro da sognare, immaginare, scrivere, musicare... Ma forse mi sbaglio. Forse sto generalizzando. Chissà! Forse ce ne sono ancora di persone come quelle di un tempo: autori tetragoni, tutti d’un pezzo, impassibili alle rivoluzioni epocali, musicali, teatrali, senza nessuna possibilità di confondersi o contraddirsi: treni che corrono via veloci sulle loro rotaie e non deragliano mai. Quanto a me, invece ... Ebbene, signori miei, diciamolo pure chiaramente, io sono...

 

IL PERSONAGGIO: (sospirando) Ah, caro il mio autore...

 

IL COMPOSITORE: (sospirando) Eh, sì! Io sono il povero autore di questo obbrobrio. Ecco, signori miei, è questa la tragica verità. lo non sono nessuno. Sono un poveraccio senza nome... Senza faccia e senza storia... Uno che non lascierà traccia, nè memoria. Semplice, no? Un’ombra... Un sogno. L’ombra di un sogno. Tutto qui. E questo, mi pare, spiega ogni cosa. Anche l’amarezza che provo ora dinnanzi a questa semplice ma dolorosa verità. Darei qualsiasi cosa pur di essere un autore, un compositore di quelli di una volta. Mi accontenterei di essere un comprimario, un autore secondario, pur di avere un ruolo preciso, ben definibile, inquadrabile in un disegno più vasto, in una corrente, in uno stile, un destino intrecciato ad altri destini in una trama più grande... Insomma, essere un compositore tutto d’un pezzo, con un ruolo preciso, comprensibile, riconoscibile, che si muove in una storia della musica precisa, comprensibile, riconosci-bile...  Già, ma per tutto questo ci vorrebbe un’opera ... Basterebbe un’opera soltanto. Un’opera capace di raccontare qualcosa di sensato. Fors’ anche qualcosa di inaudito, paradossale ... Qualcosa come la storia di un autore incapace di scrivere un’opera!

 

IL PERSONAGGIO: (colto da un‘improv-visa folgorazione) La storia di un autore incapace di scrivere un’ opera?

 

IL COMPOSITORE: (sospirando) Eh, sì!

 

IL PERSONAGGIO: L‘abbiamo appena fatto.

 

IL COMPOSITORE: Come dici?

 

IL PERSONAGGIO: L’abbiamo appena fatto. La storia di un autore incapace di scrivere un’opera: l’abbiamo appena raccontata, vissuta, recitata. Basta sistemarla un poco, e il gioco è fatto.

 

IL COMPOSITORE: (riflettendo) Eh, sì! Potresti aver ragione... Ma la musica?

 

IL PERSONAGGIO: Abbiamo evocato anche quella, a tratti, in piccole porzioni.

Basta colmare le lacune, e fare alcune variazioni.

 

IL COMPOSITORE: (perplesso) Ma è tutta musica di altri autori!

 

IL PERSONAGGIO: Omaggi! Citazioni! La scena della musica contemporanea ne è piena.

Tu saresti il primo, o quasi, a far questo in maniera scientifica, programmatica, sistematica...

 

IL COMPOSITORE: E’ così assurdo che potrebbe funzionare. .. (rimuginando) Potrei prendere i personaggi di Don Gregorio e Dulcamara con la loro storia e fonderli in un solo personaggio e in una sola storia. ..”Dulcamara il semicroma”.

 

IL PERSONAGGIO: Infarcendo il tutto di qualche altra aria rubacchiata qua e là

e abbassata o alzata di una tonalità...

 

IL COMPOSITORE: E già!

 

IL PERSONAGGIO: Aggiustando qualche nome e qualche località...

con qualche riferimento all’attualità...

 

IL COMPOSITORE: In che senso ?

 

IL PERSONAGGIO: Ad esempio quando Don Gregorio dice: “Cimarosa e Paisiello cosa sono al mio cospetto...” tu potresti aggiustare la cosa dicendo: “ Luigi Ottavo e lo Sciallino cosa sono a me vicino: un somaro e un poveretto, solo questo al mio cospetto...”

 

IL COMPOSITORE: (corre al pianoforte e prende qualche foglio bianco) Aspetta aspetta. ..(si siede e comincia a scrivere) Come dicevi? “Luigi Ottavo e lo Sciallino...”

 

IL PERSONAGGIO: (gli si avvicina e comincia a dettare)  “ Luigi Ottavo e lo Sciallino... cosa sono a me vicino...” Due punti... “ un somaro e un poveretto...” Virgola...  “solo questo al mio cospetto...”

 

Buio.

 

 

Epilogo: vivere!

 

Mentre si vede sul fondo l’autore al pianoforte alacremente all’opera, il personaggio in proscenio fa armi e bagagli: raccoglie tutto quello che in precedenza, durante l’aria di Dulcamara, aveva tirato fuori dalla sua valigia e ve lo ripone. Poi chiude la valigia, con un fazzoletto saluta l’autore, che non se ne avvede, e scompare canticchiando “Nel teatro del gran mondo...”.

L’autore continua a scrivere febbrilmente.

Buio.

Al riaccendersi della luce il compositore è ancora lì che scrive. Il pacco dei fogli scritti è visibilmente aumentato. Di nuovo buio.

Al terzo riaccendersi della luce il compositore è crollato sul piano dove dorme rumorosamente, esattamente come nel prologo. Ed esattamente come nella prima scena squilla il telefono.

 

IL COMPOSITORE: : (rispondendo al telefono, ancora mezzo addormentato) Pronto? Chi... Ah, è lei, direttore, qual buon... Come? Le è stata recap... Ah, si? E...  (preoccupato) ha dato una scorsa... un’occhiata... Come dice? Ha letto l’opera? Ah, davvero... Tutta e con grande attenzione... (allarmato) E... che cosa... ne pensa? (dopo una breve pausa, meravigliatissimo) Le è piaciuta?!! Ma davvero? (riprendendosi) Ma naturalmente... La ringrazio, la ringrazio... D’altro canto non poteva essere diversamente, si capisce. Non è per darmi delle arie, ma il sacro fuoco dell’ispira-zione... e poi, si sa, la classe non è acqua... D’altronde, se così non fosse, lei non mi avrebbe commissionato... Ma certo, direttore! Ma si immagini! Ci vediamo alla prima, allora! Grazie ancora! E ossequi alla sua signora! (riattacca, si guarda attorno, non sta più nella pelle) Dulcamara! Dulcamara il semicroma! Dove sei? (lo cerca) Dove ti sei nascosto? Dulcamara? Dulcamara?

 

Voce deL PERSONAGGIO: (fuori campo e lontana)  So-no par-ti-to...

 

IL COMPOSITORE: : Partito? E per dove?

 

Voce deL PERSONAGGIO: (c.s.)  Sooo-nooo a Spo-leeet-ta...

 

IL COMPOSITORE: : A Spoletta?! E a fare che?

 

Voce deL PERSONAGGIO: (c.s.) Il fantasma dell’opera buffa!

 

IL COMPOSITORE: : Il fantasma?

 

Voce deL PERSONAGGIO: (c.s.)  Finalmente posso vivere, amare, soffrire, ridere... ma soprattutto...  pos-so... (con un gorgheggio) caaan-taaaaa-ree!

 

IL COMPOSITORE: : Ma come sarebbe, “posso cantare”? E poi, scusa, chi ti ha detto che te ne potevi andare? No, dico, in fin dei conti sono il tuo autore. E non si può mica abbandonare così il proprio autore, nel momento del bisogno, senza neppure chiedergli il permesso... Ma chi ti credi di essere?! No, dico, ma ti rendi conto che senza di me non saresti nulla... E no, caro mio, è ben lontano ancora il tempo dell’emancipazione per voi personaggi... (rifacendogli il verso) “Vivere, amare, soffrire, ridere... cantare!” Con tutto quello che c’è da fare... E già, anche perchè c’è un’altra opera da scrivere. Altro festival altra opera. E io senza di te come faccio? Ei! Mi senti?! Eh no, non si fa così! Prima mi illudi e poi mi abbandoni... In fin dei conti facevamo una bella squadra insieme, no? Ci siamo divertiti, in fondo. Se vuoi ti cedo il dieci per cento sui diritti d’autore. Il venti? D’accordo, d’accordo, quello che è giusto è giusto. Ti do il cinquanta per cento. (disperato, scoppia a piangere) No, non è giusto! Non puoi abbandonarmi così. Tu, una mia creatura, te ne vai, mi pianti in asso, e io ho un’altra opera da comporre... Tu, figlio mio, figliol prodigo... mi abbandoni... e io ho una nuova opera da scrivere... Tu, figliol prodigo... (tra sè, come colpito da un’intuizione folgorante) Figliol prodigo! Ecco la nuova opera da scrivere: “Il figliol prodigo”... (ruminando tra sè...) Dunque, vediamo... Argomento biblico... Musica... musica... musica... medioevale o new age? Questo è il problema. Vabbe’, facciamo tutte e due!